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Il Blog Dell’Arte e della Danza

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La Danza Antica attraverso il vaso di Pronomos e di Basilea

La Danza Antica attraverso il vaso di Pronomos e di Basilea

Esistono manoscritti, documenti e manufatti storici molto antichi, che risalgono addirittura al quinto secolo avanti Cristo, oggetti tangibili come il vaso di Pronomos o quello di Basilea, sulle quali incisioni vengono raffigurate scene che ritraggono attori teatrali, coreutici e satirici con in grembo strumenti musicali, costumi e maschere di scena.

Le raffigurazioni non lasciano spazio all’immaginazione, sono documentabili e constatano l’essenza dello spettacolo greco classico, proprio grazie alla presenza dell’azione che compiono le figure poco fa menzionate.

Purtroppo non esistono tracce scritte dell’elemento più etereo di cui però sappiamo tutti l’importanza estrema che ricopriva anche all’epoca: la musica.

Per questa ragione è stata inevitabile la perdita di materiale inerente all’antica musica Greca, facendo così affidare nel corso della storia della musica, tutti gli etnomusicologi, i teorici, gli storici e i musicologi solamente a piccoli frammenti appartenenti esclusivamente a teorie di drammaturgia, in modo da riuscire poi a catalogare e a rimettere in ordine tutti i tasselli di un puzzle infinitamente complesso in quanto a stili melodici, armonici e stili ritmici.

Attraverso lo studio approfondito di questi determinati elementi è stato possibile sviscerare dettagli importanti come la misurazione metrica del canto rituale dionisiaco, chiamato “ditirambo”, dal quale solitamente è la rappresentazione tragica a farne da padrona e grazie al quale si riesce ad estrapolare un concetto schematizzato delle movenze danzarie con un particolare stile melodico parallelo che ne caratterizza il cantato.

Da qui si evince in maniera metodica come nel teatro classico, le sezioni e gli interventi dei cori (es: stasimi, parodo o canti di accesso) all’interno delle orchestre, occorrevano principalmente a favorire la strutturazione predisposta di determinate movenze dei danzatori, mentre i musicisti obbedivano anche a determinate regole di base (nòmoi) che servivano invece a stabilire particolari binari melodici, armonie, ritmiche, relazioni tra i momenti di transizione, intensità, timbro e altezze dei vari suoni che componevano il brano.

Ogni tipo di armonia riprodotta possedeva un certo tipo di ispirazione d’affetto o umore, conosciuta meglio come “èthos”, che il più delle volte stava a corrispondere al tipo di emozione o tipo di effetto che scaturiva dalla reazione dall’animo umano, nell’udire determinate composizioni sonore.

Possiamo riscontrare l’esistenza di melodie che riuscivano a rassicurare e a scaturire sensazioni positive (melodia dorica), altre sonorità che creavano risultati di passionalità incontrollata (melodia frigia); in entrambi i casi naturalmente anche la danza che ne scaturiva apparteneva a livello di movimento ad analoghe sensazioni emozionali.

Vi era già una cura innata nel voler predisporre la più giusta ambientazione musicale, in base all’impatto emotivo da trasferire al pubblico, scandita dai più simbiotici movimenti, che riuscissero ad enfatizzare e a rinforzare tali emozioni. 

Il “Teleion” rappresenta a tutti gli effetti un antico sistema armonico basato su antichi studi fisici e matematici, formato da un insieme scisso in 2 tetracordi, basati sui generi: diatonico, cromatico e enarmonico a seconda della lunghezza delle distanze tra un suono ed un altro che assieme compongono ovviamente la melodia ritmica.